Troppe coincidenze by Giuseppe Ayala

Troppe coincidenze by Giuseppe Ayala

autore:Giuseppe Ayala
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-03-29T00:00:00+00:00


La rivincita dell’Ulivo

Il cantiere per la costruzione dell’Ulivo era già stato aperto. Tutti i partiti del centrosinistra lo avevano voluto per scongiurare il ripetersi del clamoroso errore commesso due anni prima. Il progetto prevedeva la convergenza in unica coalizione delle principali culture riformiste: la socialdemocratica, la cattolico-democratica e la liberal-democratica.

A guidarlo fu chiamato un autorevole economista, Romano Prodi, ex presidente dell’Iri ed ex ministro dell’Industria. Un cattolico da sempre vicino ai settori riformisti e «morotei» della Democrazia cristiana e, perciò, gradito sia alle componenti moderate sia a quelle di sinistra del nascente soggetto politico.

Il principale partito della sinistra radicale, Rifondazione comunista, ne rimase fuori, ma stipulò un patto di «desistenza» con l’Ulivo. Quest’ultimo rinunciava a quarantacinque collegi «blindati» e li cedeva a Rifondazione, la quale, in cambio, si impegnava a concentrare sui candidati dell’Ulivo il suo elettorato in tutti gli altri collegi. In questo modo non rinunciava alla sua autonomia politica, ma concorreva alla formazione di un unico contenitore in cui raccogliere il consenso di tutti gli elettori che non si riconoscevano nel centrodestra.

Altro che 1994. Questa volta per il Cavaliere non sarebbe stata una passeggiata, anche perché la Lega Nord aveva deciso di correre da sola.

La campagna elettorale si avvicinava. Nel corso di una delle tante riunioni pre-elettorali dissi, scherzando, che questa volta avrei preferito candidarmi al Senato, per comodità: la brevissima distanza che separava casa mia da Palazzo Madama mi avrebbe consentito il classico casa e bottega. La Camera, al confronto, mi pareva lontana. Non me l’aspettavo, ma fui preso sul serio.

Qualche giorno dopo iniziò il balletto dei collegi. Io non partecipavo, aspettavo. Alla fine accettai quello senatoriale del nord-barese. Mi indusse a farlo Massimo D’Alema, gran conoscitore della realtà pugliese, spiegandomi che, a suo giudizio, avevo tutte le possibilità per vincere e, in ogni caso, c’era il paracadute del recupero dei migliori perdenti previsto dalla legge elettorale. In Puglia erano sei. Per non essere eletto, insomma, avrei dovuto non solo perdere, ma fare la classica figuraccia. Non era nelle cose.

Dopo pochi giorni di campagna elettorale cominciai a rimpiangere la precedente. Qui sarebbe stata dura, altro che la Romagna. Non lo fu, però, da un punto di vista logistico: il collegio era formato da soli cinque comuni, molto grandi e tutti vicini tra loro. La mobilità del candidato era facilitata.

Uno di questi era Terlizzi, la città di Nichi Vendola. Quando seppe del mio arrivo, mi invitò subito a cena a casa dei genitori. Mi fornì le prime indicazioni e, soprattutto, mi presentò il suo amico Gerolamo Grassi, dicendomi che, se non volevo sbagliare, era a lui che dovevo affidare la responsabilità della campagna elettorale.

Gero Grassi, oggi deputato da più legislature, era un democristiano a tutto tondo. Si occupava di politica da sempre ed era stato, qualche anno prima, un giovanissimo sindaco di Terlizzi. Non potevo che fidarmi del suggerimento di Nichi, al quale non nascosi, sorridendo, la mia sorpresa nel constatare che un comunista aveva scelto un democristiano per aiutare uno che non era mai stato né l’uno né l’altro.



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